Servizio civile: futuro incerto

Rivista del Volontariato, aprile 2000

 

Da poco più d’un anno era entrata in vigore la legge 8 luglio 1998 n.230 riguardante la riforma delle norme relative all’obiezione di coscienza al servizio militare e delle norme relative al servizio civile degli obiettori, quando il primo governo D’Alema approvò e presentò alla Camera dei deputati, l’8 ottobre 1999, un disegno di legge (n. 6433) riguardante la riforma del servizio militare.

Tale riforma consisteva nell’abolire, per il tempo di pace, la leva militare obbligatoria e nel ristrutturare le forze armate secondo il principio di professionalizzazione, cioè seguendo il criterio esclusivo dell’arruolamento volontario, da attuarsi gradualmente attraverso l’arco di alcuni anni.

Un progetto di tal natura comportava, ovviamente, la graduale scomparsa dell’obiezione di coscienza e del servizio civile degli obiettori. In vero, se l’obiezione di coscienza consiste nel rifiuto, per motivi di coscienza, di adempiere l’obbligo del servizio militare imposto dalla legge, la scomparsa dell’obbligo di legge comporterà la scomparsa della correlativa obiezione di coscienza.

Il governo, con quel progetto, affossava dunque un’esperienza durata 27 anni , nel corso della quale migliaia di giovani avevano prestato, come obiettori, un servizio civile, trovando in esso l’occasione di fare un’esperienza “forte”, di crescere come uomini e come cittadini, di maturare ad una cittadinanza attiva. Mi occupo da una quarantina d’anni di obiezione di coscienza al servizio militare e posso testimoniare che innumerevoli sono stati i giovani per i quali quell’esperienza ha prodotto una svolta decisiva nel cammino di formazione umana e civile.

Ebbene quell’esperienza veniva buttata a mare con suprema indifferenza, perché nulla, né nel disegno di legge governativo né nella relazione che lo accompagnava, faceva cenno al servizio civile. Solo tardivamente, di fronte allo stupore suscitato da quell’atteggiamento, il governo abbozzava in tutta fretta un disegno di legge sull’istituzione del servizio civile e lo presentava al Senato il 23 dicembre 1999, col numero 4408.

 

Rilanciare la Costituzione

Quell’ultimo disegno di legge prevede l’istituzione di un servizio civile volontario. Come è noto, quello della volontarietà o della obbligatorietà del servizio civile è un nodo delicato e difficile da sciogliere.

In linea di principio la soluzione “obbligatorietà” parrebbe più logica. Essa si ricollegherebbe al dovere di difesa della Patria sancito dal primo comma dell’art.52 della Costituzione (“La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”) e posto in evidenza dalla Corte costituzionale fin dalla famosa sentenza n.164/85. L’obbligatorietà del servizio civile offrirebbe l’occasione propizia per rilanciare una cultura dei valori costituzionali: e non solo del valore costituzionale “difesa della Patria”, ma anche di altri valori costituzionali, quali la solidarietà (art.2), la tutela della salute (art.32), la crescita della persona e la rimozione degli ostacoli che impediscono quella crescita (art.3) , la tutela del patrimonio naturale, storico e artistico della nazione (art.9), ecc.

Nel diffuso clima di analfabetismo giuridico e costituzionale oggi esistente in Italia (quanti giovani conoscono la Costituzione? quante scuole svolgono seriamente e con intelligente impegno l’educazione civica, spesso trascurata e relegata al rango di materia cenerentola?), un servizio civile esteso obbligatoriamente a tutti i giovani e preceduto da una adeguata preparazione sarebbe una formidabile occasione di “alfabetizzazione costituzionale”, di risveglio della società civile, di maturazione dei giovani verso una “cittadinanza attiva”.

 

Due difficoltà

Pur considerando ottimale, in linea di principio, la tesi della obbligatorietà del servizio civile, ritengo tuttavia che introdurre l’obbligatorietà andrebbe incontro a due difficoltà molto gravi.

Nell’attuale clima sociale l’abolizione della leva militare obbligatoria è un provvedimento che riscuote vasto consenso a livello popolare. L’idea della leva obbligatoria, che l’Assemblea costituente aveva ritenuto di far propria a conclusione di un appassionato dibattito in cui si confrontarono la tesi della leva volontaria e la tesi della leva obbligatoria, è oggi poco capita dall’opinione pubblica: anche perché va detto con franchezza che assai spesso il servizio militare si risolve in una mortificante perdita di tempo e, per di più, espone la recluta a manifestazioni di violenza (il cosiddetto nonnismo) che l’autorità militare si è dimostrata incapace di stroncare, nonostante le forze armate siano una struttura fortemente gerarchizzata, fondata su rigorosi principi di disciplina e dotata di strumenti punitivi immediati ed incisivi (le sanzioni disciplinari).

In tale situazione abolire la leva obbligatoria e al tempo stesso istituire un servizio civile obbligatorio per tutti i giovani verrebbe percepito dall’opinione pubblica come una imposizione autoritaria, diretta a sostituire coattivamente la leva militare, e verrebbe vissuto con avversione ed ostilità, frustrando le enormi potenzialità educative del servizio civile stesso.

Un servizio civile obbligatorio per tutti i giovani (ragazzi e ragazze) creerebbe grossi problemi organizzativi che la nostra società non è matura per affrontare. Sappiamo bene in quale modo penoso molti enti pubblici convenzionati hanno gestito il servizio civile degli obiettori loro assegnati; sappiamo bene come spesso quel servizio civile si sia ridotto ad un parcheggio o allo sfruttamento di una manovalanza a basso costo; e sappiamo bene come la rigidità burocratica delle strutture amministrative si sia trovata, nei passati decenni, in enorme imbarazzo a gestire il pur modesto numero degli obiettori annualmente in servizio.

In una situazione del genere, rovesciare sull’apparato della pubblica amministrazione una massa stimabile in 400.000/500.000 giovani (tra ragazzi e ragazze) all’anno per un servizio civile obbligatorio significherebbe creare un mostruoso carrozzone inevitabilmente destinato alla paralisi, con esiti opposti a quelli, nobilissimi, perseguiti dai fautori del servizio civile obbligatorio.

La mia propensione per un servizio civile volontario discende pertanto da considerazioni eminentemente pratiche, la cui fondatezza è, certo, ampiamente opinabile.

 

Problemi di incostituzionalità

Non sappiamo, ovviamente, quale sarà la sorte dei due disegni di legge presentati dal primo governo D’Alema. Ma già una prima modifica è venuta dal secondo governo D’Alema: il termine del 2005, previsto inizialmente come traguardo per far scattare il nuovo sistema, è stato prorogato di due anni. E non è detto che non intervengano ulteriori proroghe, man mano che ci si renderà conto della complessità dell’operazione, dei suoi costi (ben superiori alle superficiali previsioni di partenza) e della difficoltà di trovare personale volontario in misura sufficiente.

Inoltre è prevedibile che i due disegni di legge, approntati in sede burocratica, senza alcun coinvolgimento della società civile, solleveranno un ampio dibattito nell’opinione pubblica quando verranno discussi in Parlamento: e non è improbabile che lo sviluppo dell’iter (presumibilmente assai lungo, tenuto conto anche delle scadenze elettorali che si profilano all’orizzonte) riservi qualche sorpresa interessante. Oltre tutto, il servizio militare è previsto come obbligatorio dall’art.52, secondo comma, della Costituzione: pertanto abolire l’obbligatorietà senza previamente modificare quell’articolo mediante un procedimento di revisione costituzionale concreterebbe gli estremi di una incostituzionalità. È ben vero che il governo cerca di aggirare l’ostacolo parlando di “sospensione”, e non di abolizione dell’obbligatorietà: ma tale escamotage è frutto di un mero artificio verbale che non muta la sostanza del progetto e la sua contrarietà all’attuale norma costituzionale dell’art. 52.

 

Verso una cittadinanza attiva

Tuttavia, quali che siano i futuri sviluppi di questa tematica, non si deve perdere di vista che oggi il servizio civile degli obiettori di coscienza esiste e che l’attuale situazione durerà ancora vari anni. Dunque occorre applicare al meglio le disposizioni della nuova legge n.230/98 e utilizzare pienamente lo straordinario strumento di educazione civica e di crescita della “cittadinanza attiva” che tale legge fornisce allo Stato, agli enti convenzionati, all’intera società civile. Infatti la prestazione di un servizio civile motivato, convinto, impegnato offre al giovane obiettore l’occasione di fare un’esperienza di solidarietà che potrà imprimere una svolta decisiva alla sua vita di uomo e di cittadino.

 

Rodolfo Venditti

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