Se il servizio civile finisce nel dimenticatoio

Avvenire, mercoledì 15 dicembre 1999

 

Il tema che quest’anno le organizzazioni nazionali degli obiettori e degli enti hanno scelto per celebrare la nona Giornata nazionale dell’obiezione di coscienza e del servizio civile è “Il servizio civile che non vogliamo abolire”. Quest’ultima giornata nazionale del secolo potrebbe infatti anche essere una delle ultime in assoluto. Non si tratta di catastrofismo, bensì di duro realismo.

Il servizio civile, e ancor prima l’obiezione di coscienza, sembra non essere più nell’agenda degli uomini che guidano le istituzioni nel nostro Paese. Il paradosso è che i giovani italiani (ormai uno su due) sembrano invece preferire sempre di più il servizio civile (non sarà mica per questo che lo aboliscono?).

La scelta, già fatta dal Governo nella scorsa estate, e che il Parlamento si appresta a confermare in gran fretta, di abolire la leva obbligatoria sta a significare che il servizio civile quale l’abbiamo conosciuto negli ultimi 27 anni è un’esperienza destinata a morire. E’ lecito dubitare che nessuno di coloro che hanno già deciso, o stanno per decidere, di abolire il servizio militare si sia interrogato abbastanza sul significato dell’abolizione anche del servizio civile degli obiettori di coscienza. Basti vedere, ad esempio, i conti presentati dal Ministero della difesa relativi a questa operazione che dimenticano sempre la “voce” del servizio civile e la risposta, mai ricevuta, alla domanda “quanto costerà al Paese la scomparsa del servizio civile?”.

Beninteso, chi predica l’urgenza di una riforma delle nostre forze armate sfonda una porta aperta anche nel mondo degli obiettori e degli enti. Ma quando questa comporta l’automatica scomparsa del servizio civile di 70.000 (e forse 100.000 quest’anno) giovani, allora quelle porte si richiudono subito.

Parimenti, che il servizio civile degli obiettori di coscienza abbisogni di una riforma è cosa altrettanto scontata. E’ per questo che il parlamento, dopo quasi dieci anni di travaglio, ha approvato l’anno scorso una nuova legge per sostituire quella del 1972. Il guaio è che quella legge non è mai riuscita a decollare e per ironia della sorte il servizio civile rischia di scomparire senza che essa sia stata mai attuata e sperimentata appieno. Essa contiene infatti elementi innovativi, che vanno dalla formazione degli obiettori all’aggiornamento dei responsabili, dalla programmazione annuale dei bisogni del territorio al servizio civile all’estero, dalla difesa popolare nonviolenta a regole di gestione più certe per tutti, che al momento sono solo pii intenti del legislatore. A un anno e mezzo dall’approvazione di quella legge, soltanto uno dei sei decreti di attuazione previsti è riuscito a vedere la luce: dobbiamo essere ottimisti per i restanti cinque?

Probabilmente il servizio civile morirà d’inedia già nei primi mesi dell’anno prossimo se, e qui veniamo alla cronaca di questi giorni, la Camera non approverà un emendamento alla legge finanziaria che aumenti di ulteriori 100 miliardi il fondo nazionale per il servizio civile. Con 120 miliardi, infatti, si riuscirà a malapena ad arrivare al prossimo aprile ed è impensabile che il governo ricorra, come ha fatto nel settembre scorso, alla decretazione d’urgenza per recuperare i soldi mancanti. In fondo, 100 miliardi in più sarebbero sempre poca cosa rispetto ai 2100 miliardi aggiuntivi che la finanziaria prevede di destinare alla difesa…

Quasi certamente il servizio civile morirà per le centinaia, o migliaia, di giovani che lo Stato lascerà a casa, appioppando loro esoneri e dispense (tutto secondo legge, per carità), il che innescherà sicuramente una reazione a catena ancor più deleteria per lo stesso servizio civile. Ma forse è già morto per quegli enti e associazioni costretti a ridurre o chiudere servizi (soprattutto di assistenza a persone svantaggiate) per il blocco delle assegnazioni che nei mesi scorsi il Ministero della difesa ha disposto per mancanza di fondi.

Questo quadro fosco per il futuro dell’obiezione di coscienza e del servizio civile, tuttavia invita a sperare, nonostante tutto. A sperare che ci sia qualcuno che ammetta finalmente che se l’abolizione della leva militare è, a certe condizioni, accettabile, non altrettanto lo è quell’esperienza di educazione alla pace, di cittadinanza responsabile, di solidarietà e coinvolgimento dei giovani che è stato finora il servizio civile degli obiettori. Noi continuiamo a credere che, anziché abolirla un’esperienza del genere andrebbe sviluppata e fatta crescere. Sarebbe un tragico errore, per un paese “normale”, rinunciare a tutto ciò.

 

Diego Cipriani, Presidente CNESC

 

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