Per evitare la naia c’è un trucco: sborsare 4 milioni

Il Giornale, mercoledì 30 settembre 1998

 

Quattro milioni e mezzo per evitare la naia. Il sogno di milioni di giovani è diventato realtà.

Merito della legge 230 dell’8 luglio scorso. Per evitare la leva si fa così: davanti al giudice si patteggia la pena, si sborsa il danaro e si incamera «l’esonero totale» in nome del popolo italiano. Tutto in pochi minuti: il tempo di un’udienza davanti al pretore. Unica controindicazione: il pagamento dei quattro milioni e mezzo. Una bazzecola, comunque, rispetto all’anno di tormenti che nelle caserme attende le giovani «spine». Ariche i nonni dovranno farsene una ragione. Tutto nel pieno rispetto del Codice. L’articolo che contempla il trucco «salva leva» è il numero 14. E roa non sono pochi i giudici che temono lo «svuotamento» delle camerate militari.

A renderla piatta e asfaltata pensano i pretori cui è demandato il compito di giudicare sul «coscritto» che, al momento di presentarsi al centro addestramento, non accetta di vestire la divisa «nell’esercizio del diritto di libertà di pensiero, coscienza e religione riconosciute dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e della convenzione dei diritti civili e politici».

E qui sta il primo di una serie di paradossi legislativi. Con il Tribunale militare che adesso si trova espropriato di un reato di stretta natura militare. Dal luglio scorso, infatti, i Comandanti di reparto davanti ai quaIi l’obiettore dichiara il suo «no» a vestire l’uniforme rifiutando pure il servizio sostitutivo, dovranno, segnalare il caso non più alla procura militare, bensì al giudice ordinario.

Tappa successiva: il processo. Dopo l’inchiesta giudiziaria circondariale l’obiettore comparirà davanti al pretore cui chiederà di essere ammesso al rito alternativo (nel caso il patteggiamento della pena). Scontato il consenso in aula da parte del Pm.

Contestualmente l’imputato solleciterà pure la conversione della scontata sanzione detentiva (la pena prevista va da sei mesi a due anni ma con il gioco delle attenuanti si riduce di molto) in sanzione pecuniaria per cui si arriva a quattro milioni e mezzo di ammenda (pagabili a discrezione del giudice anche a rate) con i quali l’imputato chiuderà la pratica «servizio di leva» senza un giorno di carcere.

E la fedina penale? Immacolata.

Ma per quelli che sotto le armi già ci sono? Niente paura, anche per loro la nuova legge consente la medesima scappatoia. Basta insomma alzarsi dalla branda e gettare il fucile alle ortiche. In questo caso i «bonus» previsti dalla legge sono pure più vantaggiosi. Perché il militare «pentito» si vedrà scalare dai famosi quattro milioni e mezzo la somma equivalente ai giorni trascorsi a marce e poligono di tiro. Alla fine il giovane se la cava con pochi spiccioli. Niente a che fare con le somme esorbitanti che in tanti erano disposti a «regalare» a medici militari, compiacenti pur di ottenere il fatidico pezzo di carta con su scritto: «Esonero, definivo». Due parole magiche per ottenere le quali reclute di ogni generazione hanno fatto il possibile e l’impossibile. Dalla palina di carta stagnola ingoiata per simulare un’ulcera gastrica, alle dita rotte a colpi di autolesionistiche martellate.

Dall’entrata in vigore della legge, le procure alle quali sono stati sottoposti il maggior numero di «casi» sono state quelle di Padova, Udine, Pordenone e Trieste. Qui·sono all’esame i fascicoli di una cinquantina di «obiettori totali» segnalati dai comandanti di compagnia o di reparto. Per i casi precedenti all’entrata in vigore della legge i tribunali militari dovranno decidere di volta in volta seguendo il vecchio «rito». Regole severissime che prevedevano per i renitenti alla leva «alternative» ben diverse: tre mesi di carcere o sei mesi di «controllo civile» durante i quali chi si rifiutava di indossare le stellette veniva trattato come una specie di fuorilegge al confino. Con tanto di obbligo dì firma e divieto di abbandonare la località di residenza. Tempi in cui la parola «obiettore» ancora non esisteva. E chi non si presentava in orario al distretto militare veniva «prelevato» a casa dai carabinieri. Poi subito in caserma a pulire le latrine.

 

Nino Materi

 

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