Obiezione fa rima con ostruzione

Avvenire, venerdì 27 marzo 1998

 

È appena cominciato, ma già si preannuncia lungo e in salita. L’iter della riforma dell’obiezione di coscienza, ripartito martedì a Montecitorio, dovrà sicuramente tornare al Senato dove era già stata approvata, a causa delle modifiche al testo approvate dai deputati su proposta del governo. Nella seduta di ieri, rallentata dalle centinaia di emendamenti di An e da quelli del Cdu e interrotta dalla scossa di terremoto, l’aula è riuscita ad approvare solo 10 articoli su 24. La prossima settimana l’aula passa ad altro, poi ci saranno le vacanze di Pasqua. E mentre le modifiche sollevano critiche tra gli obiettori – che temono strascichi di gestione “militarizzata” anche nel passaggio di consegne alla Presidenza del consiglio – il direttore della Caritas critica chi fa ostruzionismo: «Quando si tratta di politiche giovanili – dice don Damoli – ogni ritardo è colpevole».

La seduta di ieri ha dunque approvato il maxi-emendamento del governo all’articolo 8, che nel testo del Senato spostava la gestione del servizio civile dalla Difesa all’Ufficio per il servizio civile presso il dipartimento Affari sociali. Il governo ha preferito rafforzare l’organismo affidando il compito ad una Agenzia nazionale per il servizio civile nazionale, presso la presidenza del consiglio. E la Camera ha detto sì. Ma col nuovo articolo è passata una norma che ha sollevato proteste: «Per tre anni dalla data della costituzione del comitato direttivo – si legge nel testo emendato – l’Agenzia si avvale della collaborazione del ministero della Difesa ai fini della gestione annuale del contingente». Proteste dure dall’Associazione obiettori nonviolenti che parla di «controriforma dell’obiezione» e di «affidamento della gestione ai responsabili dello sfascio attuale». L’Aon critica anche la riduzione da 60 a 15 giorni per la presentazione della domanda e l’eliminazione della garanzia, per chi si dichiara obiettore, di non essere chiamato alle armi finché non riceve una risposta. Perplessa anche la Consulta degli enti, pur soddisfatta della ripresa dell’iter, che parla di «modifiche non condivisibili»: «il decollo della natura civile della gestione – dice la Cnesc – dovrebbe avvenire in un tempo di molto inferiore ai tre anni previsti».

Il direttore della Caritas italiana intanto ricorda al Parlamento l’importanza della legge. «Il servizio civile – dice don Elvio Damoli – può essere una palestra educativa eccezionale per i giovani. E sono meravigliato dall’ostruzionismo di alcuni partiti, anche tra quelli che si definiscono cristiani. Le questioni del mondo giovanile sono spesso disattese, e questa è un’ occasione da non perdere. Mi chiedo se alcune deviazioni dei giovani – criminalità, droga – non siano da attribuire anche alle lungaggini nel prendere decisioni nelle politiche giovanili. In questo settore le attese e i ritardi sono colpevoli». Don Damoli vede bene il consolidamento dell’organismo di gestione civile, con l’assegnazione alla presidenza del consiglio: «I compiti saranno grandi, c’è anche la formazione e l’ampliamento dei servizi. E la nuova gestione dovrà essere meno burocratica e operare anche un certo controllo sulla qualità del servizio degli enti, cosa che Levadife non è in grado di fare».

Per la Caritas «lo Stato ha il diritto di controllare che l’obiettore non venga gestito allegramente da alcuni enti, e che non sia utilizzato per togliere posti di lavoro».

 

Luca Liverani

 

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