Il Messaggero, giovedì 11 luglio 1985
In Danimarca l’obiezione di coscienza è un diritto sancito dalla Costituzione fin dal lontano 1916, in Grecia continua ad essere un reato punito con quattro anni di galera. Sarà possibile un giorno colmare la distanza e arrivare ad una normativa omogenea a livello europeo che ripari questa profonda ingiustizia? Duecento pacifisti ed obiettori di coscienza, provenienti da tutti i paesi d’Europa, si sono dati appuntamento ieri a Lussemburgo per chiedere all’europarlamento di farsi portavoce dei loro diritti presso i governi. Hanno sfilato alla luce delle fiaccole attraverso la città deserta e in lutto per la morte dell’ultra ottuagenaria Granduchessa Carlotta, hanno discusso a lungo in un albergo dei problemi dell’obiezione di coscienza, hanno consegnato alla vice-presidente del Parlamento, lady Diane Elles, una petizione con ben 13.000 firme. Sollecitano l’elaborazione di un testo legislativo comune e valido in tutti i paesi europei che riconosca il diritto all’obiezione di coscienza e sancisca l’affermazione di una identità europea, secondo cui il «diritto-dovere alla difesa della pace e della sicurezza deve essere esercitato innanzitutto con l’impegno civile all’eliminazione delle grandi minacce all’umanità della fame e dell’ingiustizia».
Promossa dall’eurodeputato radicale Roberto Cicciomessere, un antesignano nella battaglia per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza nel nostro Paese, l’iniziativa ha riscosso un notevole successo. Lady Elles ha assicurato che nei prossimi mesi il Parlamento approverà una risoluzione che recepisce le richieste degli obiettori. A nome dell’Esecutivo Cee, il commissario Carlo Ripa di Meana si è detto convinto che i tempi sono ormai maturi per riproporre una direttiva comunitaria che offra la possibilità di sostituire il servizio militare con un’opera di volontariato nel Terzo Mondo. E i parlamentari europei, dai socialisti ai democristiani, ai comunisti, hanno aderito numerosi al «Comitato promotore» che ha organizzato un colloquio internazionale cui è intervenuto anche Federico Mancini, avvocato generale presso la Corte di Giustizia europea. L’obiettivo comune ha visto schierati sullo stesso fronte i «verdi» tedeschi e i radicali italiani che raramente marciano insieme. Val la pena di ricordare che, nel marzo scorso, Marco Pannella aveva proposto all’assemblea di Strasburgo di prendere posizione «contro le disparità esistenti e le penalizzazioni applicate da alcuni Stati membri nei confronti degli obiettori e di preparare un testo legislativo comune riguardo allo statuto degli obiettori di coscienza europei.
R.D.
visualizza in PDF: Il Messaggero 11-07-1985