Non faccio il soldato ma il dip-comunale

Il Resto del Carlino, martedì 29 aprile 1986

 

Obiezione di coscienza e servizio civile: un nuovo modo, intelligente e coerente, per «servire la patria senza armi», o tempo più o meno perso a fare i dip-comunali precari, impiegati come tappabuchi-tuttofare un po’ qua e un po’ là? Un interrogativo che sta diventando sempre più di attualità visto il diffondersi della tendenza verso questo tipo di scelta, e visto che ormai spesso ogni comune, Usl o ente morale, si trova qualche obiettore in servizio sostitutivo.

Un piccolo episodio accaduto la scorsa settimana a San Giorgio di Piano ha messo in evidenza come sia ancora considerato vago il loro ruolo presso i comuni dove prestano servizio. In questo comune infatti due obiettori, assegnati per «attività di promozione culturale e sociale con particolare riferimento per quelle organizzate dalla biblioteca», erano stati invitati dall’assessore alla cultura che li ha in carica a prestarsi per assistere ad una raccolta di firme per una petizione contro l’insegnamento della religione cattolica nella scuola materna. Sul momento gli obiettori hanno accettato l’incarico; poi, quando si sono resi conto che si trattava di una iniziativa non istituzionale, tra l’altro contestata e criticata da una parte della popolazione, si sono cortesemente ma decisamente rifiutati di continuare. Sindaco e assessore alla cultura hanno poi riconosciuto la validità della loro obiezione e la grana, almeno per la parte che li riguardava, è finita lì.

Qual è dunque l’utilizzo corretto degli obiettori? La legislazione di riferimento poggia sulle leggi del ’72.e del ’74, sul regolamento del ’77 e infine sulle due circolari ministeriali del 6 maggio e del 19 luglio ’85, che danno disposizioni abbastanza precise agli enti convenzionati per vitto, alloggio, vestiario e licenze. Riguardo alle attività di servizio, nella convenzione tipo tra ministero e enti è scritto che «l’assegnazione degli obiettori da parte dell’Amministrazione (della Difesa) verrà normalmente concordata con l’ente sulla base della predisposizione degli obiettori e del progetto generale di servizio dell’ente medesimo, legato alle sue finalità istituzionali, fatte salve comunque le esigenze dell’Amministrazione».

Più avanti ancora, è scritto che «gli obiettori debbono essere impiegati in lavori o attività rispondenti alle finalità istituzionali dell’ente, l’indicazione delle quali deve esplicitamente risultare nella documentazione prodotta dall’ente medesimo». Ma è proprio su questo punto che possono sorgere equivoci ed interpretazioni proprie.

Dice Marco S., un obiettore che preferisce l’anonimato temendo di non essere autorizzato a rilasciare interviste: «E’ più facile per gli enti morali rimanere negli ambiti previsti dalla legge. Invece negli enti locali si viaggia spesso al limite della legittimità, perché gli obiettori, anche quando va bene, spesso finiscono per essere utilizzati per sostituzione di personale comunale. Alcuni comuni lo fanno apertamente. Però questo non ci sembra nello spirito della legge istitutiva del servizio civile; e forse è anche antisindacale perché toglie posti di lavoro retribuito ad altri giovani».

Come dovrebbero comportarsi invece i comuni?, chiediamo. «E’ necessario innanzi tutto – precisa ancora Marco S. – che il comune o l’ente che richiede gli obiettori abbia un programma preciso e serio di utilizzo, e il meno vago possibile. Per esempio, dentro la voce “Attività culturali e sociali” ci può stare tutto e niente. D’altra parte però sarebbe necessario che il ministero tenesse conto delle richieste nominative concordate preventivamente tra obiettore e ente, per favorire quell’utilizzo secondo le “predisposizioni” dell’obiettore che è previsto dalla legge e sarebbe nell’interesse di tutti».

 

Magda Barbieri

 

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