L’addio alla leva sta uccidendo l’obiezione

Avvenire, martedì 15 febbraio 2000

 

Secondo i dati anticipati nei giorni scorsi, nel 1999 oltre 101.000 giovani hanno presentato domanda di obiezione di coscienza per svolgere il servizio civile anziché quello militare. Un aumento del 40% rispetto alle circa 71.000 richieste dell’anno precedente: un vero e proprio boom, che ricorda quello avvenuto a cavallo tra il 1989 e il 1990 allorché la Corte Costituzionale equiparò la durata del servizio civile a quella del servizio militare. In attesa di conoscere i dati definitivi, e la loro suddivisione per area geografica, è possibile avanzare alcune ipotesi per spiegare un tale aumento e per capire quale riflesso potrà avere sull’intero sistema di leva.

Anzitutto, c’è da ricordare come l’aumento di domande di obiezione costituisca un trend costante nell’ultimo decennio ed è impossibile non collegare questo aumento con il calo del consenso dei giovani italiani verso il servizio militare così come è altrettanto impossibile non credere che ogni episodio di nonnismo o suicidio in caserma faccia calare ulteriormente l’appeal del servizio militare. Dunque, il servizio civile come scelta “contro” un servizio militare sfasciato.

Ma il 1999 è stato anche l’anno della guerra nel Kossovo e, come è avvenuto in passato, una quota di obiezione è certamente da attribuire alla scelta antimilitarista che in simili occasioni serpeggia tra i giovani.

C’è poi una prima spiegazione più tecnica dell’aumento degli obiettori di fine del secolo: secondo un’interpretazione della legge sull’obiezione data dal Ministero della difesa, tutti coloro che volevano dichiararsi obiettori avrebbero dovuto presentare domanda di obiezione entro la fine del 1999. Moltissimi giovani, soprattutto gli studenti che avrebbero potuto continuare a rinviare il servizio per motivi di studio per diversi anni, hanno pensato bene di mettersi al sicuro presentando domanda di obiezione. E non è servito a molto che il Ministero della difesa si sia rimangiato quella interpretazione qualche giorno prima della fine dell’anno.

La seconda spiegazione tecnica è data dall’aver introdotto, col il famoso decreto legge dei “51 miliardi” nello scorso settembre, alcune possibilità di esonero e dispensa dal servizio di leva anche per gli obiettori. Le norme, che finora erano applicabili solo al servizio militare, hanno indotto certamente alcuni a tentare la sorte: infatti, dato che l’esonero si applica (a chi ne ha diritto, ovviamente) nel caso di sovrannumero rispetto alle possibilità d’impiego in servizio civile (possibilità che dipendono dai fondi stanziati), è chiaro che più obiettori ci sono maggiori sono le possibilità di restarsene a casa.

Ma il dato politico più evidente che può spiegare l’aumento di obiezione è dato dall’aver decretato pubblicamente la morte del servizio militare. La decisione del primo governo D’Alema di abolire la coscrizione obbligatoria, infatti, è stata presentata dall’allora ministro della Difesa come una “conquista” e la fine di un’ingiusta e oppressiva tassazione. Insomma, dopo quello che è stato detto nei mesi scorsi attorno al servizio militare per spiegarne l’abolizione, perché mai un giovane dovrebbe comunque accettare di andare a marciare in caserma?

Ci potrebbero essere ulteriori elementi per spiegare l’aumento di domande, ma il dato incontrovertibile è che mentre il servizio militare diventa sempre più numericamente marginale, il servizio civile cresce, e non solo in quantità: se fino allo scorso anno, un giovane su tre si dichiarava obiettore, quest’anno ne avremo uno su due e il 2000 sarà quasi sicuramente l’anno del “sorpasso” tra numero di obiettori e numero di militari, come ci dimostrano gli esempi di Germania e Spagna.

Il governo e il parlamento hanno la possibilità di decidere che fine farà il servizio civile, e senza attendere il 2007 e l’abolizione della coscrizione obbligatoria. Finora, i segnali che hanno dato non sono stati incoraggianti: per il 2000 sono infatti stati stanziati gli stessi fondi del 1999, senza tener conto dell’aumento di domande. Nel frattempo, c’è da attuare una legge approvata più di un anno e mezzo fa e che rischia di non essere più nuova e c’è da far funzionare un Ufficio nazionale che promette bene ma che ha bisogno d’uscire subito da questa fase di transizione.

Insomma, il servizio civile in Italia ha bisogno che vi si dedichino maggiori risorse, umane anzitutto (perché, ad esempio, si consente l’impiego delle donne nell’esercito ma non nel servizio civile), ma ci sarà bisogno anche di nuovi fondi, sia per far funzionare la legge sia soprattutto per impedire il “restateneve a casa” generale che costituirebbe la morte del servizio civile.

 

Diego Cipriani, Presidente CNESC, Consulta Nazionale Enti Servizio Civile

 

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