La naja non c’è più ma il servizio civile deve sopravvivere

Il Sole 24 Ore, lunedì 20 novembre 2000

 

Il Sole 24 Ore ha esaurientemente tracciato, lunedì 13 novembre, un interessante quadro di una materia che, sebbene importante; fatica·a farsi largo sulle pagine dei giornali.

Stiamo parlando della riforma del servizio civile, nata insieme a quella della leva e inizialmente destinata a vedere la luce in Parlamento insieme a quest’ultima. La circostanza, per una serie di ragioni su cui non è il caso di soffermarsi; non si è verificata, ma il servizio civile non è destinato a finire neI dimenticatoio, sia l’utilità da esso dimostrato che per iI valore che riveste.

Proviamo a immaginare come si sarebbero potute gestire “le molte, troppe emergenze del passato recente senza il contributo di questi giovani. Essi hanno reso possibile l’azione decisiva delle migliaia di associazioni del volontariato impegnate in alcune grandi operazioni umanitarie, così come rendono più efficace l’azione delle fondazioni e degli stessi enti locali in iniziative di solidarietà, di difesa dell’ambiente, di tutela del patrimonio artistico e culturale. Sono convinta che l’approvazione della riforma della leva sia piuttosto uno stimolo per l’approvazione anche della legge sul servizio civile, il cui progetto di riforma, è il caso di ricordarlo, era stato posto nel 1996 come uno degli obiettivi del programma dell’Ulivo.

Con la legge approvata la scorsa settimana dalla Commissione Affari costituzionali del Senato è destinato a modificarsi. L’apertura alle donne e l’introduzione di una remunerazione per i volontari sono infatti aspetti troppo importanti per lasciare inalterata la sua natura. Quindi, la risposta alla domanda posta dal titolo del Sole-24 Ore (“Addio obiettori, ma chi li sostituirà?”) è, a mio avviso, scontata: tutti coloro che considereranno utile donare un periodo della propria vita a un servizio per lo Stato.

Chiaramente, non bisogna parlare di ‘professionisti” del servizio civile. Chi lo svolge è dotato di una predisposizione verso la collettività, in base a convinzioni personali civili e religiose. Si tratta di un grande serbatoio di persone e valori la cui diffusione, sulla base del dati riferiti alla “vecchia” obiezione di coscienza mostra oggi una presenza su tutto il territorio nazionale seppure segnata da una certa predominanza delle regioni del Nord.

Certo, a me personalmente e al Ppi, il Partito. Cui appartengo, sarebbe parso più utile mantenere una “obbligatorietà” del servizio civile. In altri termini; sulla base del principio,

ribadito dalla Corte Costituzionale, che il servizio in favore degli rientri fra i doveri del cittadino, si sarebbe potuto proporre che i giovani prestassero !a loro opera per un certo periodo di mesi, per una quota comunque inferiore all’anno. Alla base di quest’idea non vi è solo una volontà di mantenere integro quel patrimonio costituito dal servizio civile, ma anche la convinzione che quest’ultimo costituisca per i giovani una grande opportunità di crescita personale e professionale. Esistono momenti formativi nella vita degli individui, come la scuola e l’università. Perché non allargare il concetto d’educazione e formazione professionale all’ ambito del servizio civile? Per molti giovani si tratterebbe della prima vera esperienza in grado dimetterli a contatto con il mondo esterno alla scuola.

Un punto poi da risolvere riguarda gli oneri finanziari sottesi alla riforma. Non è solo un problema di reperimento dei fondi necessari per mandare avanti la nuova struttura. Il punto è trovare un canale di finanziamento chiaro, che garantisca il servizio civile nel corso degli anni, senza costringere chiunque governi il paese ad acrobazie fra i conti dello Stato. È mia opinione che fondi adeguati debbano essere resi disponibili, magari aprendoli alla possibilità di intervento da parte dei privati, Si salderebbe in questo modo il carattere formativo del servizio civile che a questo punto potrebbe costituire il primo filtro fra molti giovani e il mondo del lavoro. Tutto questo deve partire dal basso, presumibilmente coinvolgendo gli enti locali e le principali associazioni del voloritariato.

In conclusione tuttavia, è bene mettere in guardia che la prima sfida è contro il tempo. Perché l’istituzione divenga realtà occorre anche, ma forse sarebbe meglio dire soprattutto, un forte impegno da parte del Parlamento: Fortunatamente, tutte le forze politiche sembrano interessate a portare a compimento quest’importante provvedimento. Il traguardo è possibile anche grazie al lavoro della relatrice, sen. Franca Prisco che ha elaborato un testo unificato dalle numerose proposte presenti. Come ministro per i Rapporti con il Parlamento, incaricato dal Presidente del Consiglio di seguire questa materia, l’auspicio è che il voto della Commissione affari costituzionali sia il primo di una serie di sì da parte delle Camere che conducano entro la fine della legislatura alla formazione di questo nuovo e importante “pacifico esercito”.

 

Patrizia Toia, Ministro per i rapporti con il parlamento

 

visualizza in PDF: Il Sole 24 Ore 20-11-2000