Il Senato non ascolti i cannoni

Il manifesto, mercoledì 3 novembre 1993

 

L’approvazione, da parte della Camera dei deputati, del testo di riforma sull’obiezione di coscienza rende giustizia agli obiettori e agli enti convenzionati, che circa venti mesi fa si erano visti scippare la stessa legge dall’allora presidente della repubblica, Francesco Cossiga. La insussistenza delle motivazioni addotte da Cossiga per rimandare alle camere la normativa si è dimostrata nei fatti del dibattito parlamentare, visto che la camera non ha accolto nessuna delle sue pretestuose osservazioni. Alcune modifiche comunque vi sono state, e non tutte positive: ci riferiamo in particolare all’abrogazione dell’articolo 16 del testo che definiva lo status dell’obiettore di coscienza. Con l’eliminazione di tale articolo ciò viene demandato ad alcuni decreti attuativi della riforma che saranno emessi dalla presidenza del consiglio, con l’immaginabile discrezionalità di tale scelta. Altra ombra è costituita dalle norme di transizione dalla vecchia alla nuova legge, visto che tale periodo sarà gestito da quegli organismi dell’amministrazione della difesa che in oltre vent’anni hanno dimostrato non solo incapacità, ma anche una volontaria scelta di inceppare e rendere malfunzionante il servizio civile nel nostro paese. La più significativa modifica positiva è invece quella che renderà possibile agli obiettori di svolgere il loro servizio civile in azioni umanitarie all’estero, sia con gli enti presso cui saranno distaccati, sia presso organizzazioni non governative o dipendenti dalla stessa Onu.

Troppe volte siamo rimasti “scottati” in dirittura d’arrivo, per abbassare adesso la guardia. Gli ultimi colpi di coda della difesa attuati dalla camera non ci permettono di essere tranquilli per il dibattito al senato che comincerà tra qualche giorno.. Ciò che ci preoccupa non è certo l’ostruzionismo missino, privo di contenuti e che alla camera si è appellato alle partite della nazionale di calcio per chiedere la sospensione della seduta. Tali esempi di malcostume parlamentare ci lasciano sostanzialmente indifferenti. Più temibile è il gruppo di senatori che da anni sono i portavoce della nomenclatura burocratica militare, e di cui il maggior esponente è senz’altro il senatore Cossiga. Temibili sono anche i repentini ripensamenti del ministro della difesa, il socialista Fabio Fabbri, sempre pronto ad allinearsi con la volontà delle gerarchie militari. Come nel caso della sua volontà, espressa qualche giorno fa, di presentare emendamenti al senato a nome del governo, perché preoccupato che nella nuova legge “ci siano diversità di trattamento tra i cittadini chiamati al servizio militare di leva e i cittadini chiamati all’obiezione di coscienza”. Il ministro forse dimentica che la questione è stata ampiamente discussa e risolta nel lungo dibattito parlamentare e che il governo è intervenuto anche con emendamenti. Allora perché tanto accanimento?

Gli enti convenzionati e le associazioni degli obiettori ritengono inoltre esaurita la fase degli emendamenti al testo. Siamo consapevoli che la nuova normativa potrebbe essere migliore, ma la fase politica e il tempo che rimane da vivere a questo parlamento ci impongono di non ignorare che l’alternativa alla legge approvata dalla camera purtroppo non può che essere l’assenza di qualsiasi riforma. Spetta ora al senato approvare definitivamente la riforma della legge sull’obiezione di coscienza, senza ulteriori modifiche e in tempi rapidi. Obiettori ed enti convenzionati si augurano che per il 15 dicembre, ventunesimo anniversario dell’approvazione dell’attuale normativa sull’obiezione di coscienza, sia già in vigore la riforma.

 

Claudio Di Blasi, Massimo Paolicelli della Lega obiettori di coscienza;

Diego Cipriani, Licio Palazzini del Cesc, Consulta nazionale enti di servizio civile

 

visualizza in PDF: Il manifesto 03-11-1993