Avvenire, 21 novembre 1986
«In particolare – aggiunge il ministro – non si vede quale concezione generale della vita, basata su profonde convinzioni religiose, filosofiche e morali, possa essere compatibile can l’assunzione di sostanze stupefacenti». Questo incredibile decreto di rigetto della domanda di rigetto della domanda di obiezione di coscienza è piovuto, inaspettatamente, la scorsa estate tra le mani di Fabio Alescio, ventiquattrenne volontario della Caritas di Treviso. Un freddo decreto che rivangava un lontano giorno di quattro anni fa.
«Era il 1982 – ricorda Fabio – ed ero in compagna di alcuni amici in una casa fuori città. Alcuni stavano fumando spinelli. Improvvisamente arrivarono i carabinieri. Perquisirono la casa e ci portarono in Questura». «Dal rapporto dei carabinieri – aggiunge l’avvocato Miotto, che difende Fabio e altri obiettori della Caritas – risulta solo che sono state identificate alcune persone tra cui una che aveva una modica quantità di marijuana e un’altra che aveva alcuni spinelli. Il tutto non ebbe alcun seguito da un punto di vista giudiziario e finì nel dimenticatoio».
Fino alla domanda di obiezione da parte di Fabio che, intanto, ha cominciato a lavorare per l’inserimento degli handicappati nel mondo del lavoro e poi, ironia della sorte, presso il Ceis di don Picchi per il recupero dei tossicodipendenti. E coerentemente non solo con quanto indica la legge, ma anche e soprattutto con le scelte della Caritas, già da prima di iniziare il servizio civile, va a vivere in comunità assieme agli altri obiettori. Ma arriva il decreto di rigetto. «La prima reazione è stata di rabbia – dice Fabio – per l’assurdità dell’affermazione. Ma come si fa a dire che per una boccata di spinello fatta tanti anni fa uno non ha convincimenti profondi? Secondo questa logica allora io dovrò essere per tutta la vita un tossicodipendente?».
Fabio sollecita allora, per chiarire la sua posizione, una visita medica. Il 26 agosto tale visita viene eseguita presso l’ospedale militare di Padova. Gli fanno approfondite analisi e perfino una visita neurologica. Il risultato, e non poteva ,che essere questo, è che Fabio è «totalmente immune da sindrome da tossicodipendenze». In altre parole non è un drogato, come invece pretenderebbe il Ministero. «Sono quindi idoneo – aggiunge Fabio – ma, altro assurdo, solo al servizio militare. E infatti il 16 novembre ho ricevuto l’avviso di inserimento nel primo contingente del 1987».
Ma Fabio non si è arreso di fronte a questa chiarissima incongruenza. «Abbiamo infatti presentato un ricorso al Tar del Lazio, competente in materia – spiega l’avvocato Miotto – in quanto si tratta di un caso emblematico. E’ mancata assolutamente un’istruttoria e ci si è basati solo su un vecchio rapporto dei carabinieri. Si è dato un marchio infamante a un giovane in un atto ufficiale senza alcun presupposto. C’è contraddittorietà tra il decreto e le risultanze della visita medica e Fabio non è mai stato ascoltato».
E un primo risultato già si è ottenuto. Proprio ieri mattina il Tar ha sospeso la partenza per il servizio militare. Ma per la sentenza definitiva Fabio dovrà aspettate due o tre anni ,e non sarà il solo. «Dopo il nostro caso – dice Franco Pozzobon, responsabile degli obiettori Caritas di Treviso abbiamo fatto una rapida indagine. Abbiamo per ora scoperto che almeno altri 15 giovani hanno ricevuto la stessa identica risposta. E’ un vero ciclostilato mandato a veri o presunti tossicodipendenti, come un giovane di Padova bollato come drogato solo perché lavora con don Picchi».
Antonio Maria Mira
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