L’Osservatore Romano, 23 novembre 1961
Riceviamo dall’amico La Pira questo telegramma intorno alla polemica sul film «Non uccidere:»
«Caro Manzini, pregoti fraternamente dirmi quando e dove il Centro Cinematografico ha emesso un giudizio sul film. Pregoti fraternamente dirmi se è vero o no che critici cattolici di altissimo livello tecnico morale e teologico si erano pronunziati in un modo non conforme a quanto tu scrivi. E pregoti fraternamente dirmi se la dottrina dello Stato così detto etico che misura i valori spirituali e intellettuali è dottrina cattolica. E ancora se ha fatto bene lo Stato comunista a proibire Pasternak. Come vedi la cosa è profondamente seria e meritevole di meditazione giuridica politica e anche teologica molto profonda. E soprattutto in queste cose come in tutte bisogna prima vedere e poi riflettere e poi giudicare. L’Osservatore è giornale di tale livello da esigere questa meditazione e questa riflessione profonda. Prega per me. – La Pira».
Rispondo.
1.Il giudizio c’è stato a Venezia.
Con voto unanime, la Giuria dell’«Office Catholique International du Cinema» (il film si proiettava in francese), presente alla Mostra ha classificato il film «escluso». L’Osservatore Romano del 10 novembre scorso a rettifica di arbitrarie pubblicazioni, lo ha precisato, confermando che il Centro Cattolico Cinematografico italiano, come l’autorità religiosa, non hanno approvato il film. Non essendo programmato in Italia esso non appare nella classifica. Nel fascicolo di settembre della Revue International du Cinema, organo dello stesso «Office Catholique International du Cinema» si scrive che anche se nato da slancio generoso, il film «si risolve nella denigrazione del Cristianesimo» (p. 9 del A 54). Si aggiunge (p. 55): «Se Autant Lara non ha fatto il lavoro di spoglio dei testi pontifici (sulla pace), ne deve pure essere stato avvertito, da relazioni scritte e circostanziate di autorità ecclesiastiche incontestabili». «Egli non tenne conto dei fatti e dei documenti». «Il problema è mal posto». «E mescolarvi la Chiesa cattolica aumenta la responsabilità».
Potremmo antologizzare altre autorevoli citazioni di critici cattolici anche se non di fonte ufficiale.
Legga l’amico La Pira i recenti articoli dei due teologi P. Guzzetti e P. Messineo concordi nello stesso giudizio.
Sull’Avvenire d’Italia G.B. Cavallaro, pur tra altri riconoscimenti, così si esprimeva: «Come dicevo, il film pone sotto accusa la Chiesa Cattolica…», «seguendo la logica di questo atto di accusa, il protagonista obiettore di coscienza… finisce per dichiararsi non credente». «È quindi una dichiarazione di insufficienza della Chiesa Cattolica rispetto alla guerra».
L’Avvenire ha ripubblicato ora quel giudizio.
Da Venezia, senza negare i pregi artistici del film, scrivemmo a nostra volta: «L’ateismo di Claude Autant-Lara balza evidente in queste ultime pagine del film, le sue pessimistiche concezioni sull’umanità vengono chiaramente alla luce».
E formulavamo le relative riserve: «Senza arrivare, per questo a prestar fede a quanti – e non sono pochi qui al Lido – hanno visto in “Tu ne tueras point” un’abilissima opera di propaganda comunista. Ma quando le opere sono ambigue, come questa, chi può leggere nella mente degli autori?».
Pareri espliciti non erano mancati, dunque, dagli organi cattolici del Cinema e della stampa cattolica.
2. Ci risulta – sì – che qualche critico cattolico ha espresso giudizi non avversi al film, come anche di condanna al divieto della Commissione italiana a concedere il «nulla osta»: non ci risulta che la loro autorità «morale e teologica» sia superiore a quella delle Commissione specifiche istituite dalla Chiesa.
3. Non abbiamo ammesso mai la «eticità» dello Stato nel senso che sembra essere creduto da La Pira; e la Pira lo sa, ma non ci sembra che la democrazia, se accetta dei limiti per il bene comune (ivi comprese le Commissioni di Revisione) scivoli nel totalitarismo. Siamo convinti che la libertà – o la licenza di alcuni – in una comunità ben ordinata non deve denigrare o deformare valori che appartengono al patrimonio spirituale dei più e la stessa verità. E a prescindere dalla censura e dai pubblici interventi, un cattolico come tale puà accettare travisamenti del genere?
4. Lo Stato sovietico, proibendo Pasternak, ha agito secondo la logica totalitaria che lo muove e che, ovviamente, non è quella di uno Stato che si regga a democrazia. Non ci risulta che per Pasternak molti degli attuali difensori di «Non uccidere» abbiano protestato come protestano ora.
5. Abbiamo visto e giudicato quando il film fu proiettato a Venezia sebbene non fosse facile. Prima di tornare ad esprimere un giudizio, ci siamo basati sulla sceneggiatura. Il seminarista omicida nel film è diventato un prete: peggiorando la situazione. Abbiamo dunque riflettuto prima di giudicare.
6. In definitiva: che cosa pensa La Pira del film? È d’accordo che esso, in sostanza, dichiara la morale cattolica nelle sue forme tradizionali (incoraggiamenti al seminarista omicida) come in quelle più avanzate (deposizione del «prete operaio» inadeguata ai problemi del mondo presente, incapace di difendere la pace?
7. Non pare a La Pira che un cattolico, dovunque di trovi, non possa consentire ad una tale posizione?
Abbiamo creduto, con l’ospitalità, dare all’amico La Pira questi chiarimenti.
UNA LETTERA DEL PRODUTTORE MORIS ERGAS
Dal produttore del film «Non uccidere», Moris Ergas, abbiamo ricevuto una diffusa lettera della quale sarà nostra cura occuparci.
r.m. [Raimondo Manzini]
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