Europa, 21 settembre 2005
In questi giorni mi ha colpito la proposta del leader dell’Unione, Romano Prodi, di «Reintrodurre il servizio civile obbligatorio». È un’idea coraggiosa, che merita la dovuta attenzione soprattutto dei giovani, i diretti interessati, ma anche dei partiti e della società civile.
In molti paesi dell’Unione europea l’abolizione della leva obbligatoria è stata possibile grazie al processo d’integrazione che ha garantito alla mia generazione di crescere senza conoscere la possibilità della guerra. La legge 226/04 sarà ricordata in Italia, perché con la fine dell’obbligo del servizio militare è terminata l’epoca in cui si considerava il vicino d’oltre confine un potenziale nemico.
La stessa legge, però, ha eliminato anche l’obbligatorietà del servizio civile. Sottraendo preziose risorse alle associazioni che si occupano di quei problemi che né lo stato né il mercato riescono ormai da soli ad affrontare. Quindi. se da una parte si libera più tempo nella vita di un giovane, tempo che non sempre viene utilizzato proficuamente, dall’altra si genera un vuoto di energie nella società.
Un nuovo servizio civile obbligatorio avrebbe sicuramente il merito di creare un nuovo “spirito di cittadinanza”, un legame tra il giovane e la comunità cui appartiene. Tuttavia non posso non domandarmi se la vera comunità alla quale apparteniamo noi giovani sia ancora esclusivamente quella nazionale o non sia piuttosto quella europea.
Penso a un servizio civile che si apra veramente alla dimensione europea, che offra ad ogni giovane la possibilità di vivere all’estero per un periodo, di imparare un’altra lingua e di sviluppare quella cultura della mobilità così richiesta nel mondo del lavoro. Nonostante il successo dei programmi come l’Erasmus e il Servizio volontario europeo, queste iniziative coinvolgono un numero troppo ristretto di persone. Inoltre, un servizio civile europeo servirebbe ad avvicinare l’Europa ai cittadini, come ci ricordano i referendum in Francia ed Olanda, dove la maggioranza dei giovani ha respinto la Costituzione europea. Un servizio civile europeo aiuterebbe a rafforzare la solidarietà soprannazionale e a realizzare gli obiettivi alla base dell’Ue, come il rispetto dei diritti umani, la pace, lo sviluppo sostenibile e la giustizia sociale.
Se in passato la leva militare ha fatto gli italiani, i francesi, i tedeschi … oggi una leva civile potrebbe fare gli europei!
Conosco bene l’impegno di Romano Prodi come presidente della Commissione per realizzare una simile proposta a livello europeo, e so che essa non è stata attuata per l’assenza dell’unanime volontà necessaria.
Tuttavia, un segnale di speranza è già presente nel progetto di Costituzione europea·che prevede la creazione di un corpo volontario europeo di aiuto umanitario costituito da giovani ed affida ad una legge europea il compito di fissarne le modalità (articolo III–221.5)
Da qui potrebbe partire l’Italia, sotto la guida di Romano Prodi, per promuovere l’istituzione a livello europeo di un autentico servizio civile. In caso di rifiuto da parte di alcuni stati membri, il progetto potrebbe essere realizzato inizialmente tramite un accordo tra i paesi che siano pronti a condividerne gli obiettivi.
Credo che se il servizio civile sarà aperto alla dimensione europea esso non sarà percepito dai giovani come qualcosa di imposto, ma diventerà un’occasione per la vita. Sono però convinto che per fare di questa idea una proposta forte del programma di governo dell’Unione sia necessario un confronto tra le forze giovanili che fanno capo ai partiti della coalizione e al più vasto mondo dell’associazionismo e del volontariato, con particolare attenzione a chi di questi è già impegnato in reti non governative europee. Perché non pensare ad un incontro alla Fabbrica con questi obiettivi?
Giacomo Filibeck, presidente Ecosy, giovani socialisti europei
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