Liberazione, sabato 18 novembre 2000
Nella stessa Chiesa ma agli antipodi: l’Ordinariato militare capeggiato da Giuseppe Mani, vescovo, e Pax Christi movimento pacifista internazionale che in Italia è presieduto da Diego Bona, anche lui vescovo di Saluzzo. Qualche anno fa il presidente era monsignor Luigi Bettazzi. Il sacerdote Tonio Dell’Olio è segretario di Pax Christi Italia.
Che effetto vi fa il giubileo con le stellette?
Era già difficile tollerarlo, quando poi abbiamo conosciuto lo slogan ci è sembrato addirittura offensivo: “Con Cristo a difesa della giustizia e della pace”. Ebbene, tra i rappresentanti degli eserciti che si radunano in San Pietro alcuni in anni recenti si sono macchiati di delitti, come in Argentina e in Cile. Se lo hanno fatto nel nome di Cristo diventa una vergogna essere cristiani.
In ottobre monsignor Bettazzi, a una domanda di “Liberazione” su questo giubileo,aveva risposto che il giudizio sarebbe dipeso dall’impostazione. E’stato peggiore del previsto?
Non c’era ancora stata la presentazione ufficiale con quel motto. A difendere la pace e la giustizia siano piuttosto quei sacerdoti e volontari laici che davvero fanno azioni di mediazione, di riconciliazione nel mondo accanto ai più poveri, senza l’eclatanza di un giubileo, nel silenzio.
A “Famiglia cristiana” che gli domandava perché non sono stati invitati gli obiettori,Mani ha detto “Non lo so e non mi interessa”: Secondo lei perché?
Qui si rivela una forte contraddizione della gerarchia. Non sono stati invitati perché alcuni paesi non ammettono la obiezione alle armi e con quei governi la Santa Sede deve avere rapporti. Mentre il Vaticano si mostra intransigente in altri campi, come il diritto alla vita del nascituro e la famiglia, sull’obiezione alle armi rimane possibilista. Negli scorsi anni gli obiettori italiani hanno più volte chiesto di essere ricevuti dal Papa ma l’udienza non c’è mai stata. Pensando alle polemiche sulla pillola del giorno dopo, scherzando verrebbe da domandarsi se per caso la richiesta degli obiettori debba essere presentata in farmacia.
Pax Christi, insieme al cardinale Piovanelli, il 4 novembre ha attraversato con gli obiettori un’altra “Porta santa”a Barbiana.
E’ stato un momento davvero bello. Gli obiettori – centinaia di migliaia – hanno speso un anno della loro vita a fianco rivelando una ricchezza – checché ne dica Mani – della quale dovrebbe tener conto la comunità cristiana, che di questi giovani si è anche servita.
Secondo Mani invece molti hanno disertato la caserma per rimanere vicino a casa.
Chi vuole guardare soltanto questo aspetto lo faccia pure, ma allora perché non ricordare anche la serie di privilegi, non ultimo quello economico, dei cappellani militari?
Mi dica, ma questo settore della Chiesa sposa le strategie Nato?
Questa mentalità si coniuga perfettamente con chiunque voglia affermare volontà di potenza: oggi quindi gli Usa. Di contro, i pacifisti sono non violenti ma non ingenui e imbelli, non rinunciano ad un contingente di polizia internazionale che agisca però sotto l’egida di una Onu riformata in senso democratico. Anche il discorso sull’uso delle armi per difendere la pace non ci coglie impreparati. Il problema è che gli attuali eserciti nazionali non servono assolutamente la pace. Ad ogni vigilia di guerra si obietta che l’Onu non sarebbe pronta, però non si fa nulla per adeguarla: la Nato non si fa soffiare il posto.
Il giubileo con le stellette esprime soltanto un retaggio del passato, per la chiesa,o l’intenzione di adeguarsi alle nuove strategie militari?
Il potere ha sempre cercato la stampella della religione, i nobili motivi come foglia di fico. Temo che un’ostentazione degli eserciti e delle armi in piazza San Pietro faccia questo gioco. Nella comunità cristiana invece cresce la sensibilità per la non violenza e questi discorsi appaiono assolutamente vecchi. D’altra parte, il Papa ha bollato la guerra come strage inutile o avventura senza ritorno: perciò è contraddittorio accogliere quelli che fanno la guerra.
I cappellani dei militari portano i gradi.Pax Christi ha ripetutamente chiesto che vi rinuncino. Che risposte ha ricevuto?
Una risposta ha il sapore della teologia: la “incarnazione”. Il vescovo indossa la divisa per incarnarsi nel contesto. Ma nessuna teologia ha mai sancito che bisogna incarnarsi nel male per redimerlo. Mi aspetterei comunque una funzione dei cappellani dentro gli eserciti per incoraggiare l’obiezione agli ordini ingiusti, invece non ne ho mai sentito.
Il Vaticano è stato contrario ai bombardamenti, durissimo per l’Iraq e severo per Belgrado. I vescovi militari lo furono?
No, è una grossa contraddizione.
Con loro i pacifisti hanno un altro conto in sospeso: il processo a don Milani.
Don Milani fu denunciato ai magistrati proprio dai cappellani militari per aver ribattuto a loro che avevano giudicato l’obiezione una vigliaccheria. Ai giudici si rivolse con la frase “L’obbedienza non è più una virtù” e venne condannato dopo la morte. Oggi, almeno, i cappellani dovrebbero chiedergli perdono.
Quanto è diffuso nelle gerarchie il fastidio verso il giubileo militare?
L’aria che si respira in questo momento nella Chiesa è di grande prudenza e in questi casi il silenzio diventa di per sé eloquente. So di vescovi che non hanno condiviso questo giubileo.
Fulvio Fania
visualizzza in PDF: Liberazione 18-11-2000