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L’obiezione di coscienza. Studio sull’ammissibilità di un’eccezione dal servizio militare alla bioetica
 Autore: Davide Paris  Editore: Passigli  Anno: 2011  ISBN: 978-88-368-1296-7  Pagine: 328 Leggi l'indice
Descrizione:

Paris, Davide. L’ obiezione di coscienza. Studio sull’ammissibilità di un’eccezione dal servizio militare alla bioetica. Prefazione di Valerio Onida. Postfazione di Renato Balduzzi. Bagno a Ripoli Passigli, 2011

Il tema dell’obiezione di coscienza rappresenta, più di molti altri, una vera e propria «sfida» per il giurista e in particolare per il costi­tuzionalista. Tema di «frontiera», perché si colloca al confine estre­mo fra diritto positivo e riflessione teorica sui fondamenti e i limiti del diritto, del diritto dello Stato democratico in ispecie, fra mondo delle norme e mondo della storia degli uomini e dei popoli; inter­pella ogni ordinamento giuridico che pretenda effettività e insieme voglia mantenersi fedele a certe premesse ideali; coinvolge a fondo i rapporti fra norma (e autorità) e soggetti che ne sono i destinatari, nonché i rapporti fra ordinamenti diversi (in ispecie fra ordinamen­ti «civili» e religiosi) , dove segna l’area dei possibili «conflitti di fe­deltà»; tocca.i fondamenti e i parametri essenziali del costituzionali­smo, dallo «statuto» della persona all’eguaglianza e alla «giustizia» come canoni supremi del legiferare e del giudicare.
La «coscienza» è limite e potenziale antitesi dell’eteronomia pro­ pria dei comandi giuridici, e insieme oggetto di tutela delle norme, almeno in una visione – quella appunto del costituzionalismo – in cui gli esseri umani, destinatari delle norme, sono proclamati «dota­ti di ragione e di coscienza» (articolo 1 della Dichiarazione univer­sale dei diritti umani) e perciò titolari di una fondamentale «libertà di coscienza» (articolo 18 della stessa Dichiarazione).
Nella storia l’obiezione di coscienza (contra legem) ha rappresen­tato spesso un elemento di contraddizione e di conflitto ma anche di evoluzione e di progresso degli ordinamenti. Ma non è essenzial­mente a queste situazioni storiche che si volge l’attenzione dell’au­tore di questo volume: né al presupposto, pur chiaramente enuncia­to, per cui lo Stato non può mai pretendere di disciplinare autorita­tivamente, o peggio di coartare, gli atteggiamenti e gli orientamenti del «foro interno» delle persone, dovendosi limitare a regolare le condotte umane esteriori, suscettibili di incidere sui diritti degli al­tri e sulle condizioni della convivenza.

[dalla Prefazione]